venerdì 29 settembre 2017

"Kitchen" di Banana Yoshimoto


Mikage dopo la morte della nonna realizza di essere rimasta sola e di non avere più nessuno al mondo da chiamare <<famiglia>> cadendo così in una profondissima solitudine che la porta lontano da tutto il suo quotidiano.
Yuichi, suo compagno di scuola e amico, appresa la notizia la invita ad abitare a casa sua e di Eriko, la "mamma", fino a quando non si sentirà pronta per affrontare il suo nuovo cammino da sola non imponendole un tempo massimo entro il quale andarsene da casa loro.
La ragazza inizia ad affrontare lo sgombero della sua vecchia casa, la casa della nonna, e piano piano ricomincia la sua vita fino a quando, sollevatasi un po' decide di andare ad abitare per conto suo non scordando però quella che è diventata la sua nuova "famiglia" ripromettendosi di passare a trovare Eriko.
Passa un po' di tempo e Mikage viene a conoscenza della morta di Eriko. La sua strada e quella di Yuichi tornano ad incrociarsi e a proseguire assieme, il ragazzo è sconvolto dalla morte delle mamma e la ragazza torna quasi a vivere con lui scatenando la gelosia di una loro compagna di scuola che mette Mikage davanti ad una scelta definitiva.

Mikage ha sperimentato il rimanere da sola a giovane età e pur non essendoci molto di scritto sul carattere di questa giovane, me la immagino fragile e forte al contempo affondata e poi riaffiorata grazie alla sua tenacia e alla voglia di sopravvivere, rimboccandosi le mani è riuscita a riprendersi la sua vita. 
Yuichi si troverà a sperimentare la stessa solitudine anche se forse in maniera mano dura avendo al suo fianco Mikage già abituata a ciò che sta sperimentando ora il suo amico.
Eriko, la mamma di Yuichi, è uscita di scena lottando e a testa alta, come a testa alta ha affrontato le problematiche causate della sua scelta di vita.
Kitchen è il primo libro della scrittrice e anche il primo che ho letto io, di suo. Il romanzo è essenziale: breve e conciso, racconta gli avvenimenti con precisione senza dare troppi dettagli o appesantire la storia con inutili parti. Il problema è che manca anche il finale e proseguendo con la lettura ci si imbatte in un secondo piccolo racconto fantascientifico, irreale che non distrae dalla mancanza di un finale.
Senza lode né infamia.

"Mentre ci davamo appuntamento, guardai dalla finestra. L'aria era color grigio piombo.
Le nuvole venivano trascinate via dal vento con una forza incredibile. In questo mondo non c'è posto per le cose tristi. Nessun posto."

"Quando persi i miei ero ancora bambina. Quando morì il nonno ero innamorata. Quando morì la nonna rimasi completamente sola. Ma in nessun caso mi ero sentita sola come quel momento."

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